mercoledì 23 giugno 2010

SOLE PALLIDO, TERRA OSCURA

È proprio vero che la realtà supera le più sfrenate fantasie, come pure che sembra non esserci limite all’incompetenza, al cattivo gusto e al totale disinteresse dei personaggi, protagonisti e comprimari, direttamente o indirettamente coinvolti nella più grave catastrofe ambientale che la storia planetaria ricordi. Tony Hayward, l’amministratore delegato della BP da 1 milione di sterline l’anno, ha pensato bene di andarsi a riposare dalle faticose tribolazioni del Golfo del Messico partecipando sulla barca di 16 metri della quale è co-proprietario (e del valore di 470.000 sterline) ad una prestigiosa regata nelle azzurre acque di Solent, presso l’isola di Wight.


Povero Tony, bisogna capirlo: la società che gestisce è stata esplicitamente accusata di aver mentito al Congresso USA per ridurre le proprie responsabilità nell’incidente, dopo la divulgazione di un documento interno che dimostra come l’entità della fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico venisse stimata essere venti volte maggiore delle cifre divulgate pubblicamente dalla BP. Laddove lo scenario peggiore previsto consisteva in 100.000 barili di petrolio al giorno, la compagnia parlava di 5.000 barili al giorno che nel peggiore dei casi potevano arrivare al massimo a 60.000.


Tyrone Benton, uno degli addetti alla piattaforma sopravvissuti all’incidente, ha dichiarato in un’intervista rilasciata alla BBC che già settimane prima del disastro si stavano verificando perdite di petrolio dall’impianto di sicurezza del pozzo, il cosiddetto BOP (Blowout Preventer) che avrebbe dovuto chiudere le valvole in caso d’incidente, che sia la BP che la Transocean, che gestivano la piattaforma, erano stati avvertiti del problema e che il pezzo difettoso era stato semplicemente staccato, invece di essere sostituito, così da non rendere necessario fermare la produzione. Benton non sa dire se poi, prima dell’esplosione, la sostituzione fosse stata effettuata.


Comunque Tony non ha di che lamentarsi troppo, dato che nel caso rassegnasse quelle dimissioni da più parti invocate, incasserebbe un bonus pari a 10.8 milioni di sterline e una pensione annua di 500.000, o almeno così sembra.

Nel frattempo, proprio in base alla sua testimonianza di fronte alla commissione del Congresso, si prevede che se non si troverà un modo di bloccare la perdita (si dice non sarà possibile prima di Natale…), il petrolio continuerà ad uscire per almeno due anni, forse addirittura quattro (basandosi sulla stima prudenziale di 60.000 barili giornalieri).

Mi viene da ridere (per non piangere) quando sento che la BP ha garantito un fondo di 20 miliardi di dollari per ripagare i danni: concordo con Patrick Martin (1) quando lo definisce un crimine corporativo oltre ogni immaginazione e afferma che il costo finale di questo immane disastro, combinando i danni agli ecosistemi, all’industria turistica e della pesca, nonché le conseguenze a lungo termine per la salute delle popolazioni locali, è probabile superi il bilione di dollari (mille miliardi).

ComeDonChisciotte ha pubblicato un paio di interessanti articoli (2), che esaminano le vere ragioni a monte dell’incidente, ma resta il fatto che trovo semplicemente grottesco quantificare in denaro un disastro ambientale di proporzioni tali che nessuna cifra al mondo potrà mai compensare:

“Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto,


l'ultimo fiume avvelenato,


l'ultimo pesce pescato,


vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.”

(Piede di Corvo)

Per aggiungere al danno la beffa, il 22 giugno un giudice federale di New Orleans ha bloccato una moratoria di sei mesi sulle trivellazioni in acque profonde, istituita dall’amministrazione Obama che in seguito agli eventi aveva sospeso l’approvazione di qualunque nuovo permesso di trivellazione nelle acque del Golfo del Messico. Il giudice ha affermato che il provvedimento era da considerarsi “nullo” e ingiustificato, in quanto l’impatto sulle imprese locali (leggi: petrolifere) sarebbe semplicemente eccessivo (in altre parole, un impatto negativo sul cosiddetto “ecosistema degli affari”). La Casa Bianca farà appello contro questa decisione…

Nel frattempo il petrolio ha cominciato a lambire Cuba, penetrando nelle correnti oceaniche:

http://www.youtube.com/watch?v=pE-1G_476nA&feature=player_embedded

Osservate questa mappa delle correnti, studiatevela e fatevi due conti su dove potrà arrivare tutto quel petrolio col passare del tempo…

Per darvi meglio un’idea, questa immagine termica sarà d’aiuto per visualizzare come si diffonderà il petrolio con le correnti oceaniche…


Nel frattempo, in caso di “emergenza nazionale” il buon Obama verrà investito del potere di “spegnere” Internet a volontà: questo il controverso disegno di legge (3) proposto da Joe Liebermann, guarda caso a capo della commissione statunitense per la sicurezza interna. Coi tempi che corrono e gli scenari che si prospettano nelle prossime settimane, mi sembra che questa legge caschi proprio a fagiolo…

Ovvio che di fronte a un’apocalisse del genere, la perdita di petrolio da una piattaforma egiziana nel Mar Rosso sia ben poca cosa, se non fosse che la chiazza sta minacciando Hurghada, un paradiso naturale visitato annualmente da milioni di turisti per immergersi nelle sue acque (sinora) incontaminate.

Passando ad altro, mi domando quale gatta ci cova alla NASA? Ultimamente l’ente spaziale sembra particolarmente preoccupato da tempeste solari potenzialmente devastanti per la nostra tecnologia (4), da piogge di meteoriti che potrebbero danneggiare le strutture in orbita, come la Stazione Spaziale Internazionale (5), e dagli strani comportamenti del Sole, mai osservati i precedenza (6), con particolare riguardo all’assenza di attività delle macchie solari, il cui ciclo tarda a ripartire. Questo comportamento inatteso ha mandato in tilt i software che “modellano” il ciclo solare, e si ritiene abbia importanti influssi sul clima terrestre, come evidenziato da un inverno insolitamente rigido. Si ritiene addirittura possibile che il Sole stia entrando in una fase magnetica del tutto nuova, che in un prossimo futuro impedirà del tutto la formazione di macchie solari…

Tutta questa frenesia può avere qualcosa a che fare con l’inarrestabile, onnipresente attività di aerosol sopra le nostre teste? Non lo so, ma se qualcuno avesse ancora dei dubbi sul fatto che alcuni dei composti delle famigerate “scie chimiche” ricadono direttamente al suolo, osservate questa foto, scattata da G. B., un carissimo amico, con attrezzatura fotografica professionale:


Quello che osservate ingrandito nella foto seguente non è un’aberrazione fotografica, né il frutto di un obiettivo sporco, né il risultato di una manipolazione fotografica. Ognuno tragga le proprie conclusioni…

sabato 19 giugno 2010

GOLFO DEL MESSICO: VERSO LA LEGGE MARZIALE?

La preziosa testimonianza del coraggioso giornalista e documentarista James Fox dalla Lousiana tratteggia uno scenario degno dei nostri peggiori incubi: è in corso una vasta operazione, apparentemente (e illegalmente, aggiungerei) gestita dalla stessa BP insieme, pare, alla Chevron, attorno alla quale è stata stesa una cortina di protezione quasi impenetrabile. È impossibile avvicinarsi alle zone del disastro, o parlare con qualcuno degli addetti alle operazioni, vincolati al segreto più totale. Nessuno può filmare o fotografare nulla (pena la confisca degli apparecchi), lo spazio aereo sopra la chiazza è stato virtualmente chiuso (quindi non è possibile effettuare riprese dall’alto che aiutino a capire la situazione) e sono state segnalate truppe in pieno assetto da combattimento nonché l’arrivo presso l’aeroporto militare di Jacksonville di un gran numero di veicoli bianchi delle Nazioni Unite. Tutto lascia ipotizzare che stia per essere dichiarato lo stato di emergenza con conseguente Legge Marziale. In altre parole, un altro insano passo avanti verso la realizzazione di un Nuovo Ordine Mondiale.

http://www.youtube.com/watch?v=-0fLnRpofPg

http://www.youtube.com/watch?v=fKhMVAa4UlI&feature=related

Il corexit, solvente usato in quantità industriali per dissolvere le chiazze di petrolio (e occultare in tal modo la magnitudine della catastrofe in corso) sta provocando danni enormi, non solo all’ambiente marino ma anche all’atmosfera, in numerose aree letteralmente velenosa. Qualcuno ritiene possa ricadere sotto forma di piogge tossiche, addirittura per anni! (1) Senza dimenticare il benzene:

http://www.youtube.com/watch?v=eGxGVGiD3yk

Il petrolio ormai sembra fuoriuscire direttamente da alcune crepe sul fondo marino:

http://www.youtube.com/watch?v=b2RxIQP0IBU&feature=player_embedded

Questo video sembrerebbe confermare i timori espressi più di un anno fa da numerosi geologi, secondo i quali il fondo marino oggetto delle trivellazioni della BP è marcatamente instabile se non decisamente pericoloso a causa della presenza di un’enorme sacca sotterranea di gas metano, in pressione a 100.000 libbre per pollice quadrato (PSI), e date le premesse che l’incidente alla piattaforma Deep Horizon era un evento praticamente scontato, il quale ora ha messo in moto una catena di conseguenze irreversibili. Due membri del Congresso, in un rapporto inviato all’amministratore delegato della BP, Tony Hayward, hanno affermato: “Sembra che la BP abbia continuato a prendere, una dopo l’altra, decisioni per risparmiare tempo e denaro che hanno aumentato il rischio di un’esplosione.” Fatto sta che ora esiste il rischio concreto che dalle fessure sul fondo si formino enormi bolle di gas metano in pressione che risalendo alla superficie potrebbero devastare navi e piattaforme di trivellazione nella zona e uccidere un gran numero di persone.

Ma questo è ancora niente: lo scenario peggiore prevede che se queste bolle dovessero fratturare ulteriormente il fondo marino, si verificherebbe un’esplosione di una potenza assimilabile alla devastante eruzione di Mt Saint Helens, nel Pacifico nord-occidentale, avvenuta nel 1980. Un enorme flusso di gas si farebbe strada attraverso chilometri di roccia sedimentaria, strato dopo strato, esplodendo con una pressione stimata di 50 tonnellate per pollice quadrato che squarcerebbe varie miglia di fondo marino con una detonazione gigantesca, uccidendo tutto ciò con cui entra in contatto e innescando un’ondata di tsunami quasi supersonica con velocità fra i 650 e 950 chilometri orari e alta oltre trenta metri. (2) Florida, Lousiana, Texas… devastazione totale, con decine, forse centinaia di migliaia di vittime. Come ciliegina sulla torta, sembra che il petrolio che continua a fuoriuscire sia anche moderatamente radioattivo! (3) Apparentemente questo fattore è legato, guarda caso, proprio alla forte presenza di metano. (4)

Ho molto apprezzato una mail speditami appena rientrato dal Giappone dal mio amico e collaboratore Andrea Rampado, che occupandosi tramite la sua azienda Biokavitus di tecnologie di cavitazione e nanobolle mi ha segnalato una brillante soluzione per il recupero del petrolio nel Golfo del Messico proposta da una loro concorrente statunitense. Sono d’accordo con lui che la massima divulgazione dell’esistenza di queste soluzioni è vitale in situazioni come questa. Potete scaricare qui l’interessantissimo documento (in inglese).

Vi aggiornerò quanto prima sulla situazione, condendo il tutto con interessanti notizie su quanto sta accadendo al Sole…

Note:

1) http://www.examiner.com/x-33986-Political-Spin-Examiner~y2010m6d17-North-America-facing-years-of-toxic-rain-from-poisonous-BP-oil-spill-dispersants

2) http://www.helium.com/items/1864136-how-the-ultimate-bp-gulf-disaster-could-kill-millions; http://www.washingtonsblog.com/2010/06/bp-admits-that-if-it-tries-to-cap-leak.html

3) http://www.rense.com/general91/glf.htm

4) http://www.rense.com/general91/d2se.htm

lunedì 14 giugno 2010

GOLFO DEL MESSICO: LA PIÙ GRAVE CATASTROFE AMBIENTALE DELLA STORIA

Apprendo da televideo che domani (martedì 15 giugno) il presidente Obama avrebbe in programma un discorso alla nazione, presumibilmente per comunicare alla popolazione gli ultimi dati relativi al disastro ambientale del Golfo del Messico.

In attesa di compilare un articolo ben più esaustivo sull’argomento, magari dopo aver sentito cosa comunicherà questa brillante guida della nazione statunitense, mi sembra doveroso comunicarvi un riassunto delle conclusioni basate sulle informazioni trapelate da alcuni scienziati costretti al silenzio (informazioni esaminate da altri specialisti che ne confermano l’attendibilità) e che i media si guardano bene dal dare:

Si stima che la pressione con la quale il petrolio fuoriesce nelle acque del Golfo sia compresa tra 20.000 e 70.000 PSI (libbre per pollice quadro): una pressione impossibile da controllare. Si stima inoltre che la quantità giornaliera di petrolio che fuoriesce dal fondo marino sia compresa tra 80.000 e 100.000 barili di petrolio. Il flusso di petrolio e gas che fuoriesce ad alta pressione dal pozzo trascina con sé sabbia e roccia, i quali producono un effetto erosivo su quel che rimane di quest’ultimo e sul foro di uscita. Di conseguenza, il diametro continua ad allargarsi, aumentando la quantità di petrolio che fuoriesce. Qualunque dispositivo di contenimento piazzato sopra il pozzo non è in grado di resistere all’enorme pressione.

Il petrolio ha ormai raggiunto la Corrente del Golfo e sta entrando nel ciclo della corrente oceanica, la quale è almeno quattro volte più forte della prima e lo porterà in giro per il mondo entro 18 mesi. Le possibili conseguenze di una tale alterazione dell’ambiente marino sono al momento imprevedibili.

Il petrolio, insieme ai gas, il benzene e svariate altre tossine, sta eliminando l’ossigeno presente nell’acqua, uccidendo tutte le forme di vita nell’oceano. Oltre al petrolio, sulle coste arriveranno quindi enormi quantità di pesci e altri animali morti, aggravando ulteriormente la situazione ambientale.

Una volta che l’intensa pressione avrà rimosso la testa del pozzo, il foro continuerà ad allargarsi e il petrolio potrà sgorgare liberamente nel Golfo del Messico. Quando dall’enorme sacca che si trova 8 chilometri al di sotto del fondo oceanico saranno fuoriusciti svariati MILIARDI di barili di petrolio, la pressione inizierà a normalizzarsi. A questo punto la grande pressione dell’acqua alla profondità di circa 1.500 metri indurrà quest’ultima a penetrare nel buco e quindi nella sacca precedentemente occupata dal petrolio. Si stima che a quella profondità la temperatura possa raggiungere e forse superare i 200°C. L’acqua che penetra si trasformerà in vapore, creando un’enorme quantità di forza e sollevando il fondo oceanico. Difficile stabilire quanta acqua entrerà nella sacca e di conseguenza calcolare di quanto si potrà sollevare il fondo. È possibile che questo fenomeno crei uno tsunami con onde tra i 6 e i 25 metri, e forse anche di più. Dopodiché il fondo collasserà nella sacca ormai vuota: il modo con cui la natura sigillerà il buco.

A seconda dell’altezza delle onde dello tsunami, i detriti oceanici, il petrolio e le strutture esistenti verranno spazzate lungo le coste e nell’entroterra, devastando completamente l’area per un’ampiezza tra gli 80 e i 300 chilometri. Anche rimuovendo i detriti, gli elementi contaminanti che rimarranno nel terreno e nelle falde acquifere impediranno la ripopolazione di queste aree per un imprecisato numero di anni.

Naturalmente mi auguro di tutto cuore che questo pauroso scenario non abbia mai a verificarsi, ma è un fatto che tutti i tentativi sinora operati dalla BP per fermare la fuoriuscita di petrolio sono miseramente falliti, così come l’esistenza di un “cordone sanitario” attorno agli operatori impegnati nella zona che impedisce qualunque contatto con la stampa, i giornalisti, etc. Tornerò presto su questo e molto altro nel mio prossimo intervento; per ora vi lascio con un paio di vignette cercando di strapparvi una risata a denti stretti…

NEI PROFONDI RECESSI DI UN DIRIGENTE DELLA BRITISH PETROLEUM

"Come mai è così scuro qui? La marea nera ci ha già raggiunti?"

"Glielo diciamo dove ha la testa?"

"Non ancora. Almeno ha trovato il modo di tappare un buco..."

"Già, ma solo i dirigenti di alto livello conoscono questa tecnica."